Il fondatore della Gestalt fu Frederick S. Perls, uno psicoanalista tedesco, emigrato prima nel Sud Africa e poi negli Stati Uniti. Già agli inizi degli anni 40, con il suo primo libro, Ego, Hunger and Aggression, prendeva posizioni che si distanziavano dalla psicoanalisi corrente e metteva le basi di quella che poi negli anni cinquanta, insieme ad un gruppo di collaboratori, battezzò Psicoterapia della Gestalt. Perls già in questo scritto formulò teorie che poi divennero capisaldi della pratica gestaltica e stimolo per cambiamenti nell’intero mondo della Psicoterapia. Parlò di aggressività dentale e della sua importante funzione nel permettere l’assimilazione dell’esperienza. La crescita e lo sviluppo avvengono per processi di assimilazione e si interrompono per effetto di introiezioni che, in quanto esperienze non digerite, limitano la capacità di autoappoggio e di crescita autonoma. Nella stessa opera parlò di Terapia della Concentrazione che contrappose alla modalità libero associativa, tipica della metodologia psicoanalitica. Pur senza abbandonare lo strumento freudiano predilesse tecniche di focalizzazione dirette ad approfondire e a sviluppare esperienze mirate. Infine propose la teoria del vuoto fertile, il momento creativo che nasce dalla non esperienza. Questa particolare concezione, che Perls mutuò da Friedlaender alimentò una profonda fiducia, che caratterizzò in seguito il mondo della Gestalt, nella capacità di autoregolazione della mente umana quando si libera da ordini e regole interne passivamente incorporate dall’ambiente. Dal vuoto mentale nasce nuova esperienza. Accanto all’analisi del disagio psicologico è possibile, quindi, anche attivare in modo diretto la salute mentale.
Sicuramente Perls fu influenzato dalla visione fenomenologico esistenziale, che si respirava nell’aria, così come dalla psicologia della Forma, dalla teoria del Campo e dalla semantica generale, il significato del significato, come lui diceva. Tuttavia l’insieme di questi influssi ispiratori produsse un risultato che li trascendeva e la terapia della Gestalt, pur nella varietà delle sue componenti, costituisce un insieme coerente che si organizza intorno ad una specifica visione dell’uomo. Una visione che trascende le stesse teorie e le metodologie alle quali si ispira.
Lo scopo finale del terapeuta è quello di attivare il processo di autoscoperta, la naturale saggezza organismica attraverso la quale ogni individuo, liberatosi dai conflitti e dalle incrostazioni difensive, trova la sua specifica strada per l’autonomia. Più che di ordini sul come o cosa fare abbiamo bisogno di ascoltare le spinte naturali che emergono quando accettiamo piuttosto che opporci al nostro stato, il che implica anche l’accettazione della sofferenza e del dolore, come condizioni dell’esistere umano, piuttosto che il loro evitamento. A queste concezioni Perls associa metodologie operative ispirate al lavoro reichiano sul corpo, allo psicodramma, ai gruppi di incontro, alle tecniche creativo espressive, al teatro e alle pratiche di consapevolezza, che elaborò in maniera particolarmente efficace inventando ad esempio l’esperienza del continuum di consapevolezza che insieme al lavoro con le sub personalità drammatizzate sulle due sedie, caratterizzò la tecnica gestaltica. La Gestalt si distinse per avere uno stile e un modello di intervento esperienziale che veniva contrapposto all’interpretazione psicoanalitica. La possibilità di conoscere il proprio funzionamento non viene soltanto dall’autorità del terapeuta ma soprattutto è affidata alla responsabilità del paziente, il quale acquista maggiore peso nella relazione. Attraverso l’esperienza il paziente scopre le sue modalità esistenziali, i blocchi e le limitazioni, ma anche le sue parti sane. Non solo capisce, ma sente, prova, si coinvolge, fa esperienza e mette in azione il suo possibile cambiamento attraverso esperimenti mirati.
Come nella prassi freudiana anche la psicoterapia della Gestalt dà peso particolare al lavoro con i sogni, al rapporto fra paziente e terapeuta ed ai comportamenti ripetitivi. Cambia però radicalmente il metodo, perché cambia, nell’ottica di Perls, il senso di questi fenomeni: la relazione terapeutica viene considerata una situazione intersoggettiva di spessore più ampio che non può essere ricondotta unicamente alle sue valenze proiettive e transferali, ma anche a quanto di reale intercorre nella relazione terapeutica. I comportamenti che si ripetono sono tentativi di chiudere situazioni che, per qualche ragione effettiva o immaginaria, sono rimaste incompiute e come tali non permettono la soddisfazione di bisogni essenziali.
La concezione di Perls lascia alla persona ampia possibilità di scelta, quindi di libertà, che permette di vedere l’essere umano impegnato nella gestione della propria quotidianità come fatto centrale dell’esistenza, dove l’aspetto creativo gioca un ruolo di massima importanza. Scelta e creatività possono esistere solo nel momento presente ed è per questo che l’impostazione del lavoro sul ‘qui ed ora’ assume un’importanza centrale nella Psicoterapia della Gestalt. Non c’è infatti veramente possibilità di prendere decisioni al di fuori di un contesto. L’esistenzialismo di Fritz Perls è caratterizzato, dunque, dalla tendenza a mettere in luce gli spazi di libertà che, attraverso la responsabilità e la creatività, si aprono nella vita umana.
"...e' imparare a volare con le proprie ali, nel cielo delle emozioni, alla ricerca interiore dei bisogni inespressi..."
(Luciano Faustini)
© 2021 Dott.ssa Carla Costanzo. Psicologa Psicoterapeuta Consulente Sessuale.